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Per tutta la vita ho vissuto su un'isola. Non Inis Meain o Cape Clear, ma l'isola d'Irlanda stessa, lambita dal Mare d'Irlanda a est, devastata dal selvaggio Oceano Atlantico a ovest. Un'isola ricca di cultura, storia e bellezza; un'isola con la sua lingua e un popolo ferocemente orgoglioso di cosa significhi essere irlandese. Un'isola che ha conosciuto invasioni - i vichinghi, i normanni, gli inglesi - ma ha mantenuto la sua identità per tutto il tempo. Questa è sempre stata casa.
E poi, all'inizio del anno scorso, appena sposata, appena in pensione e aperta all'avventura, ho percorso tremilacinquecento chilometri verso un'altra isola, in un altro mare. Al nostro primo appuntamento, io e mio marito, italiano, abbiamo scoperto un sogno condiviso, di vivere in un posto dove, per la maggior parte dell'anno, avremmo vissuto la vita in pantaloncini e infradito. Desideravamo una vita vissuta all'aperto, una vita più calda, dal cielo azzurro e meno frenetica di quella che vivevamo in Irlanda. Abbiamo pensato a una delle Isole Canarie, o forse alla Grecia. Abbiamo considerato la Puglia e la Calabria. Ma ora, quasi un anno dopo, vedo che non avremmo potuto scegliere un posto migliore. La Sicilia è allo stesso tempo nuova ed eccitante, ma familiare e confortante.
La mia nuova casa sull'isola ricorda l'Irlanda di un tempo ormai passato. Ricordo da bambina, durante le vacanze a Tralee, che la chiave veniva sempre lasciata nella porta della casa di mia zia Irene. Ecco, qui succede ancora. La chiave nella porta o la porta spalancata. Auto lasciate in moto, mentre l'autista non si vede da nessuna parte. Negozi con metà della loro merce sul marciapiede fuori, intatti.
C'è così tanto che irlandesi e siciliani hanno in comune. L'Irlanda è orgogliosa di essere la terra dei centomila benvenuti, il “céad mile fáilte” ed è esattamente quello che abbiamo vissuto qui. Prima di lasciare l'Irlanda, quando la gente chiedeva "perché la Sicilia?", rispondevamo "il tempo, il mare e il cibo". - the weather, the sea, the foodOra però, prima di quei tre metterei in cima alla lista, la gente,le persone.
Non ho mai conosciuto un popolo così pronto a condividere, così generoso con ciò che è suo, così aperto a tramandare tradizioni, ricette e saperi locali. Qualunque cosa crescano, vogliono che tu la assaggi. Qualunque cosa cucinino, ti insegneranno anche a cucinare. Se hai bisogno di una presentazione a un idraulico, un parrucchiere o un vicino che vende uova, saranno pronti a indirizzarti nella giusta direzione.
Uno dei miei primi incontri qui è stato con l'anziano proprietario del minuscolo minimarket nella cittadina in cui eravamo in affitto. A quel tempo avevamo dei volontari che ci aiutavano a ripulire la giungla che era il giardino della nostra casa appena acquistata a Pozzallo e mentre lavoravano sodo tutta la mattina io mi davo da fare per preparare molto cibo sostanzioso in modo che tutti fossero ben nutriti all'ora di pranzo. Quando ho iniziato a preparare il pranzo mi sono resa conto che eravamo senza gas. Non avevo modo di cucinare. Non abituata alle bombole del gas (gas bottle in inglese), mi sono rivolto a YouTube per sapere come scollegarla ma non sono riuscita a trovare nulla che assomigliasse lontanamente a quella che ora so che si chiama bombola. Armata solo dell'italiano più basilare, ho attraversato la strada per andare al minimarket in cerca di consigli. Ho spiegato che non sapevo come cambiare la bombola e ho chiesto al proprietario se poteva aiutarmi. No, no, no fu la sua risposta iniziale. Come avrebbe potuto lasciare il negozio. Era impossibile. Gli dispiaceva, ma no. Gli ho detto di non preoccuparsi, lo capivo e che avrei comprato comunque la nuova bombola. Poi, abbiamo chiacchierato un po'. Gli ho detto che venivo dall'Irlanda e che mi ero appena trasferito in Sicilia. E poi dal nulla, improvvisamente stava frugando per le sue chiavi, chiudendo a chiave il suo negozietto e attraversando la strada. Ha cambiato la bombola del gas, spiegandomi pazientemente ogni passaggio in modo che sapessi cosa fare la prossima volta. Siamo tornati insieme in strada e l'ho ringraziato calorosamente. Gli ho chiesto il suo nome. Si è abbassato la maschera – si. Il covid era ancora in giro - ha sorriso e mi ha detto che era Rosario. Ho tirato giù la mia e mi sono presentata anch'io. Il sorriso che è passato tra di noi ha compensato tutte le parole che non conoscevamo nella lingua l’uno dell'altro e in quell'istante siamo diventati amici.
I love this new island. This island steeped in culture, history and beauty; an island with its own language and a people fiercely proud of what it is to be Sicilian as opposed to Italian. An island that has known invasion – the Greeks, the Normans, the Saracens – but has held tight to her identity throughout. This island has become my new home.